SAT: Specific Adjustment Technique in Osteopatia [Parte-2]

di Gerald Lamb DO, BSc (Hons)

L’accademia dell’osteopatia ASOMI si occupa di osteopatia prendendosi cura di molteplici prospettive e fornendo ai propri studenti e collaboratori approfondimenti in merito alla disciplina osteopatica, alla ricerca e gli aspetti evidence based della pratica.

Pertanto, ASOMI ha deciso di divulgare questo interessante articolo tratto dal saggio di Gerald Lamb sulla tecnica di adjustment specifico ovvero SAT (dall’inglese Specific Adjustment Technique). Clicca qui per la prima parte.

Come trovare il segmento cardine

Ora che sappiamo cos’è il SAT e come funziona la colonna vertebrale, approfondiamo il discorso.

Quindi, chiediamoci dove finisce la mobilità del movimento della testa e del collo, mantenendo fermo il cingolo scapolare. Dalla palpazione si può dedurre che una semplice flessione del mento sul petto termina con un movimento di T3 su T4. Ciò si accorda perfettamente con l’interscambio del poligono di forza di Littlejohn, leggermente anteriore ai corpi di T3/T4. Quindi potremmo chiamare questa giunzione un segmento cardine poiché il suo movimento è vitale per supportare la funzione spinale.

La prossima domanda è dove finisce il movimento toracico e inizia quello lombare. A prima vista potremmo dire a T12 su L1 ma, considerando il limite di mobilitá a causa delle costole fluttuanti, non può essere né T12 e nè T11. Il vero cambiamento di funzione è quindi probabilmente a T10. Tuttavia, sia per le inserzioni del diaframma sia per il fatto che T10 ha spesso un articolazione costo-condrale debole o assente, si arriva alla conclusione che T9 sia il candidato migliore a pivot.

Saltiamo un attimo a L5 poiché questo è il vero perno dove finisce la funzione lombare e inizia quella sacrale; L5 è quindi senza dubbio un punto di cambiamento funzionale.

Mobilità di L3

Consideriamo, per un attimo, l’arco medio della colonna lombare: qui troviamo il segmento L3 che svolge un ruolo vitale per il rachide lombare, é la chiave di volta dell’arco e l’apice del piccolo triangolo di forza nella meccanica di Littlejohn; e quindi, la mobilità L3 è essenziale per il buon funzionamento del bacino e delle gambe. 

Fintanto che vengono presi in considerazione gli elementi vitali per il funzionamento complessivo della colonna vertebrale, c’è un ultimo elemento da considerare. Ovvero, è noto che, a differenza di altre parti della colonna vertebrale e a causa dell’elevato rapporto tra fusi e fibre muscolari, i segmenti cervicali superiori possono essere disturbati nella loro funzione. Pertanto, a differenza di qualsiasi altro tratto della colonna vertebrale, la parte superiore del collo é altamente suscettibile alle forze imposte su di esso. Infatti, è proprio questa sensibilità di controllo che porta alla lesione posizionale.

Quindi, da un punto di vista funzionale, la relazione della curva-pivot ora rivela qualcosa di molto vicino al modello di Littlejohn, ossia due pivot nel collo (cervicale superiore e C5), due nel torace a T3 e T9, due nella zona lombare, L3 e L5. Si potrebbe quindi dire che se i perni sono liberi di funzionare allora avremo una buona funzione della curva e una transizione graduale tra collo, torace e lombare.

Secondo quanto riteneva Littlejohn, se le curve funzionano bene o se ci assicuriamo che lo facciano, i pivot si libereranno in modo naturale. Questo è vero, ma altrettanto vera è la teoria del SAT, secondo la quale, se i perni funzionano bene, anche le curve saranno bilanciate. L’approccio del SAT non dà per scontato l’adjustment dei pivot ma, a prescindere dalla manipolazione adottata, l’obiettivo rimane sempre quello di stabilire una loro buona funzione.

Lesioni posizionali

In fine, una parola sulle lesioni posizionali. È questo il concetto a rendere l’approccio del SAT unico nel suo genere. Quando la parte superiore del collo è soggetta a un trauma fisico, come un colpo alla testa, i suoi segmenti subiscono una lesione unica. Tale forza può causare il “blocco” della parte superiore ipersensibile del collo, con le vertebre fissate come in una lesione fisiologica anormale. È possibile che le vertebre coinvolte si trovino tra una vertebra sovrastante in flessione e una sottostante in estensione. In effetti, la sua rappresentazione nelle normali restrizioni di mobilità è rara, questo è dovuto all’impossibilità di sottoporre queste lesioni a un test di mobilità poiché causano un blocco dell’area con parametri di durezza e inflessibilitá.

Questo non accade perché i segmenti sono spostati, infatti sono ancora all’interno del loro raggio di movimento, ma perché sono in contrasto con altri segmenti che si trovano sopra e sotto, come se fossero messi alle corde, utilizzando un’analogia pugilistica, senza possibilità di manovra. È anche possibile che un segmentp sia mantenuto in rotazione da un lato e quello sottostante dall’altro. Inoltre, lo spostamento laterale è un altro possibile elemento di presentazione.

Questa relazione disturbata, in apparente disparità posizionale, è il motivo per cui queste lesioni post-traumatiche vengono chiamate posizionali ed è per questo che hanno bisogno di un modo molto particolare di essere mobilizzate per ripristinare la loro normale funzionalitá.

Il modo in cui vengono corrette è chiamato adjustment del campo fluttuante. Dopo aver diagnosticato i vettori della lesione, l’osteopata cerca di invertirli in un unico movimento. Si tratta di prendere in considerazione tutti i vettori e invertirli con manovre fluide. L’allineamento viene ottenuto fisiologicamente mentre il praticante tiene a mente la posizione di blocco. Quindi, con un’azione fluida molto leggera, la lesione viene portata verso barriera ma solo brevemente, finché il praticante non è pronto a impegnarsi e a seguire un’azione fluida verso e contro barriera. È proprio questa fluidità che corregge la lesione e fa emergere tutta la forza interiore. Una manipolazione ordinaria non risolve il problema, che potrebbe di fatto tornare.

In altre parole

In conclusione, la pratica del SAT offre il suo contributo terapeutico in caso di lesioni indotte da trauma nelle aree atipiche della colonna vertebrale, rispettivamente nella parte superiore del collo e la pelvi. Queste lesioni sono di natura posizionale e quindi devono essere corrette come tali, quindi non in base ai risultati della mobilità. Una volta corretti, l’operatore si occuperà di un segmento a trattamento, cominciando di solito dai pivot della colonna vertebrale, fino a raggiungere un equilibrio soddisfacente.

Sebbene la pratica dell’adjustment posizionale richieda una certa abilità da parte dell’osteopata, quest’ultima può essere appresa con la pratica. La sua esecuzione, fatta un segmento alla volta, restituisce efficacemente il corpo a sé stesso con pochissime interferenze da parte dell’operatore, ed è fedele alla regola di Still di “trovare il problema, correggerlo e lasciarlo in pace”. 

In considerazione dell’elevata specificità della tecnica e la contestuale richiesta di un alto livello di preparazione, la Scuola di Osteopatia ASOMI ha strutturato nel proprio programma didattico, appropriati percorsi di insegnamento che attraverso docenti di elevata preparazione sono in grado di preparare gli studenti ad acquisire le necessarie conoscenze ed abilità tecniche osteopatiche per utilizzare con efficacia e un altro profilo di sicurezza le SAT Specific Adjustment Tecnique.

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