Tecnica BTL – Bilanciamento delle Tensioni Legamentose: una riscoperta delle potenzialità manuali in Osteopatia

In questo articolo il dott. Paolo Tozzi, Direttore Didattico di Asomi Accademia di Osteopatia ci illustra le potenzialità della tenica di BTL – Bilanciamento delle Tensioni legamentose operando un interessante approfondimenti dei principi anatomici e fisiologici su cui è basata questa efficacie metodologia di intervento in ambito osteopatico.

Che “l’impalcatura” del corpo umano sia costituita da un’ubiquitaria distesa mesenchimale, che si espande dall’universo cellulare a quello tessutale ed organico, è ormai un concetto famigliare, soprattutto per chi si ritrova a farne esperienza quotidiana come terapista manuale.

Forse non altrettanto scontata è l’idea che questa “impalcatura” sia estremamente plastica, dinamica, oserei dire quasi “evolutiva”, se ne consideriamo le alte proprietà adattative e di risposta biologico-meccanica a stressors interni od esterni. Ma cosa permette e garantisce tale plasticità ad ogni livello organico? Si tratta dell’incredibile specializzazione strutturale e funzionale che il ‘mare aspecifico mesenchimale’ assume di cellula in cellula, di tessuto in tessuto, di organo in organo al fine di garantire protezione, sospensione, scivolamento, ammortizzamento, propriocezione, compartimentalizzazione, connessione, dinamicità umorale con tutto ciò che include: ormoni, neurotrasmettitori, neuromodulatori, citochine, linfociti, e molti altri mediatori chimici.

L’evento ancora più affascinante è la “reattività” di questo universo connettivale, in grado di ascoltare, elaborare, registrare e rispondere a stimoli interni od esterni; essi vengono memorizzati in un processo di trasduzione chimico-meccanica così che il connettivo diventa il ground-floor di registrazione tessutale, equiparabile al processo di sensitizzazione neuronale centrale.

Ciò fa sì che “incidenti” inaspettati provochino “risposte adattative”, non solo a livello meccanico-tensionale, ma anche neuro-endocrino-immunologico (Mein, 2000). 

La qualità palpatoria del tessuto insultato si modifica, le afferenze neuronali nocicettive si esponenziano e se prolungate nel tempo, diventeranno in grado di aprire canali NMDA, con attivazione oncogenica immediata e la conseguente risposta ortosimpatica e muscolo-scheletrica (Sato, 1995; Korr, 1962).

Ma se shock, traumi ed impatti di ogni tipo vengono memorizzati nella “memoria akasica connettivale”, esiste un approccio manuale in grado di liberare tale memorie aberranti, di resettarle per ripristinare l’equilibrio tensionale e fisiologico locale?        

Il primo a parlare di Ligamentous Articular Strain (Disfunzione Articolare-Legamentosa) fu W.G. Sutherland (1949), lo stesso che avrebbe dato origine all’approccio cranio-sacrale in Osteopatia. Con questo termine, Sutherland si riferiva al primario coinvolgimento legamentoso nelle disfunzioni articolari, così intese dal punto di vista osteopatico. Quando un movimento articolare viene proseguito oltre il suo range normale, il bilanciamento delle tensioni legamentose periarticolari viene alterato, e in qualche modo registrato e mantenuto anche al termine dell’evento destabilizzante. Non parliamo di eventi patologici dislocanti o distorsivi che rientrano nel mondo dell’ortopedia traumatologica, ma di micro o macro eventi disfunzionali che provocano un “allungamento” legamentoso da un lato, a scapito del controlaterale in “accorciamento”. Ciò compromette il delicato equilibrio legamentoso e capsulare non solo nel suo ruolo di stabilità meccanica, ma anche come fonte di propriocezione. Lo strain articolare, pertanto, è destinato a permanere, mantenuto da uno squilibrio delle tensioni legamentose circostanti, che determinano barriera motoria in un senso ed eccesso di mobilità nell’altro.   

Esiste una via d’uscita da questo loop aberrante? Il “balance point” è la risposta, ossia, per dirla alla Magoun “…una sensazione di contrasto tra libertà e restrizione di movimento. L’abilità consiste nel mantenere i tessuti nel punto in cui tale contrasto avviene…” (1976). La tecnica di bilanciamento legamentoso è infatti un vero e proprio approccio manuale di tipo funzionale con target specifico legamentoso, ma con effetti ben più ridondanti. Esso prevede la conduzione dell’articolazione disfunzionale in direzione della lesione (ossia nella stessa direzione della forza traumatica), quanto necessario per ripristinare la tensione dei legamenti “accorciati”. È in questa fase che si individua e mantiene un balance point, ossia un punto di equilibrio tensionale (individuabile sempre nell’arco del vettore disfunzionale). A questo balance point seguirà uno still point, ossia una fase di silenzio neurocettivo, a cui finalmente farà seguito il rilascio tessutale avvertito come un aumento della temperatura locale (con il così detto “therapeutic pulse”), ed un ripristino dell’equilibrio della mobilità articolare. 

Ora, la domanda successiva è la seguente: com’è che funziona? E funziona solo per i legamenti peria-rticolari? Haller (1993) accenna ad una risposta: “ …quando si usa regolarmente il BTL, è evidente che non è solo efficace sulle strutture legamentose, ma anche sulle fasce, muscoli e dinamica dei fluidi interstiziali…non sarebbe ragionevole imputare ai soli legamenti la totale responsabilità di una disfunzione ed eventualmente di una correzione articolare….” 

Tra le ipotesi più accreditate nel tentativo di spiegare la fisiologia sottostante agli incredibili risultati terapeutici di quest’approccio manuale, c’è senza ombra di dubbio quella neuro-muscolare.

Solomonow (1999 & 2000), del dipartimento di ortopedia della Louisiana State University Medical Centre, conclude dalle sue ricerche che deformazioni o stress del legamento sopraspinoso sono in grado di provocare la contrazione del multifido da 1 a 3 segmenti lombari, per prevenirne l’instabilità. Le rilevazioni elettromiografiche rivelano che l’eccessiva attività muscolare e il conseguente sovraccarico legamentoso sono in grado di causare dolore. In studi successivi, l’elettrostimolazione di legamenti collaterali del ginocchio si rivelano capaci di provocare una selettiva attivazione muscolare di risposta, il che suggerisce che il riflesso neurosensoriale proveniente dai meccanorecettori nei legamenti garantisce la stabilità laterale dell’articolazione del ginocchio.

Turner (1993) getta un link tra queste evidenze e l’efficacia del BTL: “Il bilanciamento delle tensioni legamentose è il punto in cui tutte le componenti della lesione sono riunite e mantenute, così che ogni forza agente si equivale in ogni vettore e direzione. A questo punto una “neutralità neurologica” viene raggiunta, e un’opportunità viene offerta al sistema nervoso centrale di resettare la facilitazione segmentale che manteneva l’articolazione in lesione. Ogni tecnica indiretta che si avvale di questo meccanismo può essere considerata fondata sul principio della “riduzione afferenziale”.

E se oltre a riflessi neuro-muscolo-legamentosi entrasse in gioco qualcos’altro, di ben noto agli osteopati: il Meccanismo Respiratorio Primario? Quel complesso alternarsi di espansione e retrazione bio-magnetico, bio-energetico e tessutale che è alla base del ritmo cranio-sacrale?

RE Becker (1976) ci illumina: “L’MRP è intimamente connesso al resto del corpo attraverso le connessioni fasciali dalla base del cranio attraverso le aree cervicale, toracica, addominale, pelvica, e appendicolare. Poiché tutti i sistemi del corpo, sia essi sotto il controllo cosciente o meno, incluso il muscolo-scheletrico, sono avvolti dalla fascia, anche loro sono soggetti al ritmo di 10-14 cicli per minuto del meccanismo cranio-sacrale oltre che ai loro ritmi propri di attività, volontaria o meno…”

Ancora più intrigante è la recente ipotesi che i risultati ottenuti con tale approccio siano correlati con le proprietà viscoelastiche del tessuto connettivo a cui questa tecnica è elitariamente rivolta. In particolare con il fenomeno di tissotropicità di cui si parlava già negli anni ’80 con Gracovetsky (1981). Ossia sulla qualità che i tessuti hanno di modificare il proprio stato qualitativo, modificando le relazioni biochimiche delle fibre elastiche, collagene e della sostanza fondamentale, in relazione al tono muscolare periarticolare. Sappiamo che le fibre collagene subiscono il fenomeno del “creeping”, uno stato critico di resistenza al load ricevuto, in seguito al quale si verificano deformazioni viscoelastiche nella matrice che riducono le loro proprietà idrofiliche (Broberg, 1993). Ciò determina delle modifiche delle qualità tessutali, che potrebbero corrispondere alle differenze palpatorie che un osteopata avverte e riconosce in un area in disfunzione. Il BTL potrebbe quindi agire sul ripristino e l’equilibrio della tissotropica locale, proprio grazie al bilanciamento delle componenti in ogni vettore di forza meccanica.   

In fine, conclude il dott. Paolo Tozzi, Direttore Didattico di ASOMI Accademia Osteopatia: la tecnica di bilanciamento legamentoso rappresenta un approccio manuale assolutamente  indolore, non-invasivo ed estremamente efficace allo stesso tempo, applicabile a livello capsulo-legamentoso-articolare a scopo di riequilibrio tensionale e quindi funzionale. 

Nonostante la fisiologia dei suoi effetti terapeutici non sia stata ancora completamente compresa né dimostrata, il bilanciamento legamentoso rimane un’affascinante strumento a disposizione dell’operatore manuale. Il bilanciamento delle tensioni legamentose prevede il raggiungimento e il mantenimento di un punto di equilibrio tensionale di ogni vettore di forza agente su un’articolazione. Il tessuto connettivo rappresenta il solo vero trait d’union meccanico tra il mondo microscopico cellulare e quello macroscopico dell’organismo

dott.Paolo Tozzi 

MSc Osteopathy, DO, Fisioterapista 

Direttore Didattico ASOMI Accademia Osteopatia 

Bibliografia

  • Magoun H. (1976) Osteopathy in the Cranial Field, 3° Edizione, Journal Printing Company
  • Sato A (1995) Somatovisceral Riflexes, Journal of manipulative & Physiological Thaerapeutics 18(9): 597-602
  • Solomonow M, Zhou BH, Baratta RV et al. (1999) Biomechanics of Increased exposure to Lumbar injury caused by Cyclic Loading, Spine 24:2426-2434
  • Solomonow M,  He Zhou B, Baratta RV et al. 2000 Bioexponential Recovery Model of lumbar Viscoelastic Laxity and Reflexive muscular Activity after Prolonged Cyclic Loading, Clin. Biomech 15: 167-175
  • Mein E et al. (2000) Physiologic Regulation through manual therapy. Physical Medicine and Rehabilitation: state of the art review, Vol.14, No.1
  • Gracovetsky S, Farfan HF, Lamy C (1981) The Mechanism of the Lumbar Spine. Spine 6: 249-262;
  • Speece (2001) Ligamentous Articular Strain
  • Sutherland, W.G.  (1949)  AAO year book
  • Sutherland, W.G. & Wales, A. (1990) Teaching in the Science of Osteopathy, Sutherland Cranial Teaching Foundation
  • Wernham J., Waldman, M. (1981) Illustrated Manual of Osteopathic Technique Vol. II, Publ. Maidstone Osteopathic Clinic
  • Wales, AL (1946) Osteopathic Dynamics. Academy of Applied osteopathy Yearbook
  • Kuchera WA, Kuchera ML, (1984) Osteopathic principles in Practice. Greyden Press, Columbus
  • Haller L (1993) Balanced Ligamentous Tension: Physiology and Efficacy. Literature Review. ESO project
  • Turner S (1993) The effect on ankle mobility of BLT technique applied on ankle joints of asyntomatic people, ESO project
  • Broberg KB (1993) Slow deformation of Intervertebral Discs. J Biomech 26: 501-512
  • Becker RE (1976) The Stillness of Life, Portland: Stillness Press

Korr IM et al. (1962) Effects of Experimental Myofascial insults on cutaneous pattern of Sympathetic activity in man, J Transmission 23 (22): 330-335

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