[Parte 1]

Oscillazione Armonica: un Nuovo Approccio Manuale al Corpo Umano 

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Oscillazione Armonica: un Nuovo Approccio Manuale al Corpo Umano 

[Parte 1] 

“I primi pionieri delle tecniche osteopatiche usavano movimenti di oscillazione armonica come parte integrante del loro trattamento. Questo approccio divenne sempre più in disuso con il passare del tempo, mentre acquisivano popolarità i metodi più lineari…”                          

(Hartman, 1997)

Ritmo, armonia ed equilibrio sembrano aver dettato da sempre le leggi dell’evoluzione del corpo umano, modificandone di conseguenza l’anatomia, la fisiologia e la biomeccanica. L’esigenza primaria è stata da sempre quella di sviluppare adattamenti naturali alle sovrastanti forze gravitazionali, in modo da garantire movimento nello spazio, con il minimo dispendio di energia possibile. Nel tentativo di raggiungere tale scopo “la deambulazione umana ha creato pattern biomeccanici che si rifanno a modelli fisici di oscillazione armonica” (Lederman, 1990).

La vita trova espressione nel movimento, e nel movimento armonico la legge della dinamica universale. È proprio tale fenomeno che fa del corpo umano uno straordinario strumento, capace di “risuonare” ad infinite frequenze.

Le tecniche armoniche possono essere considerate una vera e propria riscoperta tra alcuni dei metodi manuali più antichi dell’osteopatia. Nonostante la loro similarità, tuttavia, le tecniche ritmiche osteopatiche e quelle armoniche sono meccanicamente ben distinte. Mentre le osteopatiche applicano un input di energia al segmento corporeo in una modalità temporale ripetitiva, così da accelerarlo o decelerarlo, quelle armoniche “instaurano uno stato di risonanza con i tessuti del corpo, e sono associate alla natura oscillatoria dei tessuti stessi” (Lederman, 1990). 

Beiser (1978) considera che perfino la velocità e l’accelerazione di massa mostrano cambiamenti ciclici durante l’oscillazione. La velocità aumenta non appena la massa si avvicina alla linea di neutralità/riposo e diventa minima all’estremità del movimento. L’accelerazione, invece, mostra un pattern esattamente opposto. Probabilmente, i lettori si staranno domandando la rilevanza clinico-pratica di tali principi fisici. La risposta ha dell’incredibile: la manipolazione armonica è altamente efficiente e soprattutto sicura per il paziente. Infatti, mentre si stanno inducendo manualmente oscillazioni armoniche ad un segmento corporeo, può essere applicato un thrust di correzione all’articolazione, non appena questa passa per il suo punto di stress minimo, mentre cioè è nella sua velocità massima! Ciò riduce drasticamente il rischio di danni ai tessuti circostanti, poiché il picco di velocità è vicino alla posizione neutra del complesso articolatorio. 

Per i lettori osteopati, è interessante considerare i sorprendenti risultati di uno studio di Keller e Colloca (2002) che ha dimostrato la netta superiorità terapeutica di forze oscillatorie, rispetto alle manipolazioni strutturali, nel normalizzare la mobilità spinale. Lo studio ha paragonato spostamenti sagittali segmentali e intersegmentali della colonna lombare ottenuti durante l’applicazione di oscillazioni sinusoidali di bassa frequenza (< 2Hz) e quelli conseguiti da thrust ad alta velocità e bassa ampiezza (< 0,5 secondi). Le equazioni di movimento risultanti sono state elaborate usando un approccio di analisi modale. Le oscillazioni di bassa frequenza si rivelarono produrre effetti di gran lunga superiori alle semplici manipolazioni, ottenendo spostamenti di L3 fino a 3 mm, con modificazioni sagittali 2,5 volte maggiori, qualora le forze oscillatorie venissero applicate alla frequenza naturale. 

È il momento, quindi, di introdurre un concetto fondamentale per chi fosse già affascinato da questo strabiliante approccio terapeutico, così semplice nella sua applicazione, eppure così efficace nei suoi risultati. Lo studio, sopra menzionato, giunse alla conclusione che si riuscivano ad ottenere effetti di gran lunga superiori, qualora le tecniche armoniche usate fossero state applicate ad una frequenza pari a quella naturale di risonanza dei tessuti che ricevevano il trattamento. Che cosa vuol dire risonanza? E cosa si intende per frequenza naturale di risonanza tissutale? Risuonare, vuol dire vibrare alla medesima frequenza di un altro elemento. Per esempio il “do maggiore” di una chitarra risuona con il “do maggiore” di un pianoforte ed entrambi risuonano con le medesime stringhe della membrana basale dell’organo di Corti, che ci permette di percepirne il suono. Allo stesso modo, ogni parte del corpo ha una naturale frequenza di oscillazione, ed ogni tentativo di aumentarla o diminuirla richiederà un input di energia supplementare. 

In conclusione, la frequenza delle forze applicate (ad un segmento per ottenerne un movimento oscillatorio) produce massimo effetto quando coincide con la frequenza naturale del segmento in movimento. Quando ciò avviene, l’ampiezza di oscillazione costante è mantenuta e viene raggiunta la frequenza di risonanza del sistema. Bach et al. (1983) dimostrarono che in ogni sistema oscillante si assiste ad un aumento dell’amplitudine quando le oscillazioni applicate sono vicine alla frequenza di risonanza. 

Un esempio di movimento armonico è evidente in ogni elemento elastico del corpo, come articolazioni, capsule, fascia e pelle. Tutti possiedono l’abilità di deformarsi entro certi limiti quando una forza viene applicata, e di ritornare alla loro forma originale una volta che la forza cessa. Ciò che viene spesso dimenticato è che tale proprietà naturale mostra un ritmo ciclico di cambiamento. Durante la deformazione, l’energia potenziale è accumulata all’interno del materiale elastico, il quale si deforma per poi venir restituita in energia cinetica nel ritorno alla posizione iniziale.

La proprietà dei tessuti umani di mostrare un certo grado di elasticità dipende dal rapporto di fibre collagene e di elastina. Le prime garantiscono forza e resistenza, le seconde estensione ed adattabilità (Panjabi e White, 1990). Alexander e Bennet (1977) dimostrarono che i muscoli e i tendini con proprietà elastiche maggiori erano muscoli pennati con fibre corte e inoltre i tendini lunghi, quali l’achilleo e il patello-femorale. Queste caratteristiche anatomiche riflettono l’abilità funzionale di sostenere l’alternanza di energia potenziale e cinetica in ogni passo della deambulazione. Infatti, durante l’impatto dell’arto inferiore col terreno, l’energia di deformazione elastica è accumulata nel tricipite surale in contrazione, mentre la caviglia è in un momento angolare. Ulteriore energia viene accumulata dall’appiattimento degli archi, aponeurosi e legamenti plantari, per poi venir rilasciata nella fase di spinta e guadagnata nel totale dispendio energetico del sistema. In realtà, se ci pensiamo, l’intero sistema di locomozione è un sistema armonico di oscillazione. Il corpo segue movimenti traslatori e rotazionali durante il ciclo del passo, con il centro di gravità (a livello di S2) che si sposta lungo i 3 assi, mostrando ritmicamente uno spostamento verticale, anteriore e laterale. Inoltre, per neutralizzare la rotazione del corpo intero, le rotazioni pelviche sono bilanciate dalla contro-rotazione della colonna e delle spalle, costituendo un sistema di forze a coppia. Questo sistema consente alla colonna e ai componenti elastici di accumulare energia cinetica e di rilasciarla quando il movimento delle masse è invertito. Quindi il corpo umano  corrisponde molto da vicino ad un pendolo in oscillazione che risuona nel campo gravitazionale, e la cui velocità di spostamento più conveniente e meno dispendiosa, coincide con lo stato di risonanza del sistema più efficiente energeticamente” (Inman, 1966).

Tuttavia, così come esiste un modello fisico di accumulo e risparmio energetico, è stata ipotizzata anche l’esistenza di uno che invece assorba e disperda l’energia in eccesso. Terry e Robert (1968) sottolineano le proprietà dei tessuti elastici come costituenti un modello viscoelastico. Gli elementi viscosi del corpo sono i fluidi all’interno e all’esterno dei tessuti elastici, viscera, muscoli e legamenti…(Cavagna 1970). Questi elementi rivestono un ruolo fondamentale nell’attutire oscillazioni continue del corpo, evitando un eccessivo dispendio energetico da parte dell’apparato muscolare nell’adempiere a tale compito. 

Ma cosa sono le tecniche armoniche e come si applicano? Sono un’ottima combinazione di elementi dell’approccio strutturale e funzionale, estremamente flessibili alle necessità del paziente e alle abilità dell’operatore. Se applicate con intenzione strutturale, la barriera motrice viene ingaggiata e il range di movimento ripristinato, grazie ad una trazione oscillatoria. D’altro canto, in un intento funzionale, l’ease viene perseguito con una trazione oscillatoria minima e l’equilibrio articolatorio dinamico ristabilito.                                 

Bisogna partire dal principio che ogni segmento corporeo possiede un’intrinseca frequenza oscillatoria naturale, che corrisponde alla frequenza di risonanza. E che lo spostamento di una massa sarà massimo quando la frequenza delle forze applicate coincide con la frequenza naturale della massa stessa. Oscillare la massa corporea sopra o sotto la sua frequenza di risonanza comporterà non solo meno efficacia, ma perfino un maggiore dispendio di energia dell’operatore. Ma allora come possiamo essere sicuri che stiamo applicando oscillazioni alla frequenza giusta, ossia di risonanza? Facile: quando otteniamo il maggiore movimento con la minore fatica possibile!

Non va sottovalutato che qualsiasi modificazione dello stato del tessuto (posizione, patologia…) risulterà in una variazione della frequenza oscillatoria. Pensiamo, ad esempio, a patologie locali quali tessuti edematosi ed infiammati: essi introdurranno un elemento fluido viscoso che attutirà il movimento del sistema. Ciò implica che l’input di energia dell’operatore deve essere almeno eguale a quella persa, a causa di forze frenanti come quelle esercitate da elementi viscosi. 

Quando vengono applicate tecniche di oscillazione armonica, va tenuto a mente che il massimo trasferimento di energia viene ottenuto quando si applicano oscillazioni lungo l’asse di movimento del segmento o piano articolatorio su cui si intende lavorare. Inoltre – poiché le ossa forniscono un link rigido cinematico tra i segmenti del corpo – per garantire un trasferimento energetico ottimale, la pressione applicata dovrebbe essere sufficiente a contattare le prominenze ossee, così da evitare l’effetto di dispersione dell’energia meccanica da parte degli elementi viscosi locali. 

Infine, c’è da tenere in considerazione che il ritmo del paziente possa cambiare durante il trattamento a causa di eventi interni, quali il rilassamento, o da fattori esterni – l’introduzione di una nuova posizione o sistema di leve. L’operatore dovrà quindi costantemente sincronizzare il proprio ritmo a quello del paziente.  

Vediamo ora più da vicino la neurofisiologia di questo incredibile approccio manuale. Nel corpo umano molti patterns di movimento sono ritmici e quindi governati da riflessi neuronali ritmici, chiamati anche pace-makers centrali o spinali (Euler 1985). Pertanto, l’efficacia di tecniche armoniche nel rieducare pattern neuronali anomali, può essere di arco riflesso in origine. Ciò è garantito dalla natura riverberante del sistema nervoso, dalle connessioni reciproche dei suoi componenti, così come dalla ritmica periodicità delle scariche sinaptiche. Gli studi di Walsh (1971) e Bach (1983) dimostrarono che le terminazioni neuronali sensitive, sia primarie che secondarie, sono sensibili ad oscillazioni sinusoidali, causando variazioni dei riflessi miotattici. Si osservò che, durante l’applicazione di oscillazioni passive al polso e alla caviglia, avveniva un aumento nell’amplitudine di risposta, qualora le oscillazioni applicate fossero vicine alla frequenza di risonanza. La frequenza di risonanza  della caviglia è tra 3 e 8 Hz. 

Lederman (1990) suggerisce che le tecniche armoniche esercitano efficacia terapeutica tramite eccitazione dell’ipotalamo anteriore e inibizione reciproca del posteriore. Ciò risulta in un aumento del tono parasimpatico, accompagnato da una diminuzione del tono muscolare.  Un’altra possibile fonte di cambiamento del tono muscolare può essere data dalla stimolazione vestibolare. Un flusso continuo di impulsi dai nuclei vestibolari aiuta a normalizzare il tono muscolare, soprattutto i muscoli posturali. Movimenti lenti, ritmici e pendolari esercitano di solito un effetto inibitorio sui nuclei vestibolari, risultando in un rilassamento muscolare generale. 

Tecniche oscillatorie appaiono avere effetti normalizzanti perfino sul comportamento di individui affetti da disturbi del medesimo. Lo studio di Ayres (1979) ha dimostrato sorprendenti risultati nella riduzione dello stato eccitato di bambini affetti da sindrome di iperattività, su cui venivano applicate giornalmente tecniche oscillatorie di armonizzazione. 

Ancora più incredibile, è l’effetto di modulazione del dolore che oscillazioni applicate esercitano a livello spinale (Pain Gate Mechanism). Sono state usate in terapia manuale per accelerare la risoluzione di eventi infiammatori e per modulare la nocicezione (Wells, 1985).

L’oscillazione armonica, in conclusione, è un tipo di approccio, così come una serie di tecniche, che possono essere singolarmente o globalmente integrate nel trattamento osteopatico o nella valutazione posturologica, grazie ai suoi principi olistici di ristabilire mobilità in un corpo concepito come unità e come un sistema armonico a risonanza specifica e naturale. Cambiamenti ritmici oscillatori si manifestano non solo nel pattern della locomozione, ma perfino in ogni tessuto capace di assorbire e rilasciare energia, fino a sprofondare nella dimensione cellulare, atomica e subatomica. 

Referenze e Bibliografia

  • Alexander R, Bennet H.C, Storage of elastic strain energy in muscle and other tissue, Nature, vol.265, pp.114-117, 1977;
  • Ayres A.J, Sensory integration and learning disorders, Weston Psychological Services, L.A. 1979;
  • Bach T.M, Chapman A.E, Calvert T.W, Mechanical resonance of the human body during voluntary oscillations about the ankle joint, J.Biomechanics, vol.16, no.7, pp.85-90, 1983;
  • Beiser A, Physics, the Banjamin/Commungs Publishing Co.Inc,1978;
  • Cavagna G.A, Elastic bound of the body, J.of A.Physiology, vol.29, n.3, pp.279-282, 1970;
  • Euler V, Central pattern generation during breathing, the motor system in neurobiology, Elsevier Biomedical Press, Oxford, 1985;
  • Hartman L, Handbook of Osteopathic Technique, 3° Ed Alden Press, Osney Mead, Oxford, 1997;
  • Keller TS, Colloca CJ, A rigid body model of the dynamic posteroanterior motion response of the human lumbar spine, J.Manip.Phys.Ther., Oct 25(8):485-96, 2002;
  • Inman V.T, Human Locomotion, Canadian Med.Ass.J, vol.94, pp.1047-1054, 1966;
  • Lederman E, Harmonic Technique, 1990;
  • Panjabi M.M, White A.A, Physical properties and functional biomechanics of the spine, In: Clinical Biomechanics of the Spine, Lippincott, Philadelphia, USA, 1990;
  • Sernay R.A, Concepts problems and solutions in general physical, W.B. Saunders Company, Philadelphia, 1975;
  • Terry C.T, Robert V.L, A viscoelastic model of the human spine subject to a G2 acceleration, J. Biomechanics, vol.1, pp. 161-168, 1968;
  • Walsh E.G, Ankle clonus: an autonomous central pace-maker, J. of Physiology, vol.212, pp.38-39, 1971;
  • Wells P.E, Manipulative procedure. The motor system in neurobiology, Biomedical Press, Oxford, 1985. 

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